I rami del vicino invadono il tuo giardino, cosa fare?

Puoi tagliare i rami del vicino che entrano nel tuo giardino, ma solo dopo una diffida formale: altrimenti rischi un’azione illegittima anche se hai ragione.

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Giorgia Dumitrascu

Avvocato civilista

Avvocato civilista con passione per la scrittura, rende il diritto accessibile attraverso pubblicazioni mirate e consulenze chiare e personalizzate.

Pubblicato: 23 Maggio 2025 15:42

È una scena comune in luoghi di convivenza residenziale: i rami dell’albero piantato nel giardino del vicino iniziano a sporgere oltre il confine, invadendo la proprietà accanto.

L’art. 896 c.c., disciplina il caso dei rami “che si protendono oltre il confine sul fondo del vicino”. La norma prevede che il proprietario invaso possa costringere il vicino a tagliare i rami sporgenti. Ma non è un’autorizzazione a prendere le cesoie e intervenire da soli.

Nel concreto, la potatura unilaterale è legittima solo quando il vicino, dopo essere stato formalmente invitato a intervenire, non provvede. L’invito deve avere forma scritta — raccomandata A/R o PEC — e deve indicare il danno attuale o potenziale e la richiesta di intervento entro un termine ragionevole. Solo dopo l’inutile decorso di questo termine, il proprietario invaso può procedere al taglio autonomo dei rami eccedenti.

Non va dimenticato che la potatura deve riguardare solo la parte che invade la propria proprietà.

Se i rami sono a grande altezza o se vi sono rischi per la sicurezza (ad esempio per la presenza di cavi elettrici), anche il taglio successivo alla diffida deve essere eseguito da un professionista, per evitare responsabilità per danni a terzi o per violazione delle norme sulla sicurezza dei lavori in quota. È dunque prudente non solo formalizzare la richiesta, ma anche documentare l’entità e la pericolosità dell’invasione.

Le radici invadono il mio terreno: vale la stessa regola?

Se i rami richiedono un passaggio formale, le radici degli alberi seguono una logica opposta.

L’art. 896, 2° co. c.c., dispone che il vicino ha il diritto di:

Tagliare le radici degli alberi che si sono introdotte nel suo fondo.”

E in questo caso non è necessaria alcuna diffida preventiva.

La ratio è semplice: mentre i rami sono visibili e non causano danni immediati, le radici possono minacciare la stabilità di muri di cinta, pavimentazioni, tubazioni o persino le fondamenta dell’abitazione.

Cosa fare se il vicino si rifiuta di intervenire?

Se la diffida formale resta senza risposta o il vicino rifiuta apertamente di intervenire, occorre procedere con la mediazione civile obbligatoria. In questo caso, l’art. 5 del D.lgs. n. 28/2010, è previsto l’obbligo di esperire un tentativo di mediazione civile, in quanto si tratta di una controversia in materia di diritti reali. Ciò significa che occorre depositare un’istanza presso un organismo di mediazione civile, con l’assistenza obbligatoria di un avvocato. Se il vicino partecipa alla mediazione, si potrà trovare un accordo economico o tecnico per la potatura; se rifiuta di partecipare o se il tentativo fallisce, si ottiene un verbale di esito negativo che consente l’accesso al giudice.

Se l’invasione crea un pregiudizio immediato e irreparabile, come nel caso di rami pericolanti che minacciano l’incolumità, è possibile agire con un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c., chiedendo un provvedimento immediato che ordini al vicino di intervenire o che autorizzi il proprietario invaso a procedere direttamente. Tale strumento richiede la prova del fumus boni iuris e del periculum in mora, cioè del rischio concreto e attuale di un danno grave.

Va precisato che, nel caso in cui ricorrano i presupposti per un intervento d’urgenza — cioè il rischio di un pregiudizio imminente e irreparabile — è possibile agire anche senza esperire preventivamente la mediazione obbligatoria, proprio al fine di accorciare i tempi ed evitare il danno.

L’urgenza può essere riconosciuta quando i rami dell’albero del vicino, secchi o inclinati, minacciano di spezzarsi e cadere all’interno del giardino dove giocano abitualmente dei bambini, creando un pericolo concreto e attuale.”

In alternativa, quando non vi sono urgenze cautelari, si può agire con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. (rito sommario di cognizione) oppure con un’azione ordinaria. Il giudice, se accerta l’invasione e l’inerzia del proprietario, potrà ordinare il taglio dei rami o delle radici e, se vi sono danni (a piante, manufatti, pavimentazioni), disporre anche il risarcimento del danno.

In sede giudiziaria, il giudice valuta anche la condotta complessiva delle parti: chi ha agito con correttezza, ha tentato di risolvere bonariamente il problema, ha offerto soluzioni ragionevoli, sarà visto con maggiore favore. Per questo motivo, è sempre consigliabile conservare copia della diffida, delle risposte (se ci sono), del verbale di mediazione e di ogni comunicazione utile a dimostrare la buona fede del proprio comportamento.

Il diritto di chiedere la potatura dei rami è imprescrittibile?

Il diritto di chiedere la rimozione dei rami che invadono il fondo altrui non si prescrive. Ciò significa che l’azione per la rimozione può essere esercitata senza limiti di tempo.

Il motivo risiede nella natura del diritto che viene leso. Quando un albero piantato su un fondo protende i propri rami al di là del confine, si verifica una limitazione illecita dell’esercizio del diritto di proprietà del vicino (art. 832 c.c.). La protrazione nel tempo dell’invasione non la rende lecita, né fa sorgere alcun diritto in capo al vicino che la causa.

In questo senso, la Cassazione ha confermato che:

L’azione tesa alla rimozione di rami o radici che invadono il fondo altrui costituisce una azione di manutenzione della proprietà e, in quanto tale, non soggetta a prescrizione, potendo essere esercitata in qualsiasi momento finché l’invasione permane. Non è quindi necessario dimostrare un pregiudizio economico o un danno effettivo: basta la violazione del confine. (Cass. sent. n. 22916/2018)”

È invece soggetto a prescrizione, l’eventuale diritto al risarcimento dei danni derivanti da quella invasione (come danni a piante, strutture, terreno o perdita di valore del fondo). In quel caso il termine ordinario è quello di 5 anni (art. 2947 c.c.), e decorre dal momento in cui il danno si manifesta o è conoscibile.

I frutti caduti nel mio giardino: a chi appartengono?

L’art. 896, 3°co. c.c. stabilisce che :

“I frutti caduti naturalmente degli alberi che si protendono sul fondo altrui appartengono al proprietario di questo fondo.”

Quindi, i frutti che cadono da soli — per vento, maturazione o gravità — diventano di chi possiede il terreno su cui atterrano. Non è necessario restituirli, né avvisare il vicino.

Tuttavia, occorre fare una distinzione. Se la caduta non è naturale, ma provocata, ad esempio scuotendo i rami o facendo raccogliere i frutti da un familiare o un giardiniere sul terreno altrui, allora si configura un comportamento illecito. Non solo civilmente, ma anche penalmente, perché si rischia il reato di appropriazione indebita (art. 646 c.p.). Lo stesso vale se si accede fisicamente al fondo del vicino senza permesso per raccogliere i frutti: questo può integrare anche una violazione di domicilio o di proprietà privata.

Da tenere presente, infine, che se la caduta dei frutti provoca danni (ad esempio a impianti, superfici delicate o raccolti), è sempre possibile richiedere un risarcimento al proprietario dell’albero, purché si dimostri il nesso causale e l’effettivo danno subito.

Nella prassi forense, capita spesso che queste situazioni, all’apparenza banali, diventino terreno fertile per litigi che si trascinano nel tempo.