Il 19 maggio 2025, durante un incontro operativo al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), sono stati presentati 15 progetti industriali destinati a ridefinire il volto economico e occupazionale del territorio di Taranto.
I settori che cercano personale
Secondo quanto annunciato dal ministro Adolfo Urso, “siamo a un punto di svolta”, perché l’elenco dei settori coinvolti è ampio e necessita di nuova forza lavoro nei prossimi anni, da impiegare nei seguenti comparti:
- siderurgia;
- cantieristica;
- aerospazio;
- nautica da diporto e crocieristica;
- carpenteria;
- ferrovie;
- energia eolica, meccanica e logistica;
- data center e intelligenza artificiale.
Si tratta, almeno nelle previsioni, di oltre 5.000 nuovi posti di lavoro.
Chi investe nel nuovo polo industriale di Taranto
Tra le aziende protagoniste pronte a investire nel nuovo polo di industriale di Taranto nomi di primo piano dell’industria italiana, tra i quali:
- Fincantieri, uno dei principali gruppi navali al mondo;
- Webuild, gigante delle grandi opere infrastrutturali;
- Mermec, attiva nella diagnostica ferroviaria avanzata;
- Toto Holding-Renexia, impegnata nelle energie rinnovabili, in particolare eolico offshore.
A questi si aggiungono realtà innovative come Igenius, operativa nel settore dell’intelligenza artificiale, e attori locali come Cantieri di Puglia.
Il tavolo di lavoro non ha coinvolto solo le imprese, ma anche tutte le principali istituzioni locali e nazionali: Regione Puglia, Comune di Taranto, Ministero dell’Ambiente, Ministero del Lavoro, Camera di Commercio, Autorità Portuale, Confindustria, Confapi, Confagricoltura, CNA, Confartigianato.
L’unità d’intenti tra pubblico e privato, tra rappresentanze economiche e amministrazioni, tra territori e Governo centrale è infatti uno degli aspetti che contraddistinguono il progetto.
Il tavolo diventerà permanente, con il compito di monitorare costantemente sia l’avanzamento dei progetti sia l’effettivo impatto occupazionale e territoriale. Un passo importante verso quella governance collaborativa che in Italia troppo spesso è mancata, soprattutto nelle aree svantaggiate del Sud.
La grande scommessa, dopo la vicenda dell’ex Ilva, è quella di non sostituire una monocultura industriale con un’altra, ma costruire un sistema economico diversificato e resiliente, dove i diversi comparti si rafforzano reciprocamente.
Taranto è uno dei territori con il più alto tasso di disoccupazione
L’annuncio delle oltre 5.000 nuove assunzioni rappresenta il cuore pulsante di questo progetto. Soprattutto perché Taranto è da anni uno dei territori con il più alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile.
Un altro aspetto importante e da non sottovalutare è che le nuove opportunità saranno distribuite in settori molto diversi, molti dei quali altamente qualificati. Si va dalla manutenzione navale all’ingegneria dei trasporti ferroviari, dalla programmazione di sistemi AI alla costruzione di infrastrutture per l’energica eolica. Un’occasione, quindi, anche per rivedere e potenziare l’offerta formativa e professionale del territorio.
Ciò che sta accadendo a Taranto ha tutte le caratteristiche per diventare un modello replicabile. Un’area industriale storicamente in difficoltà, segnata da gravi problemi ambientali e sociali, può essere trasformata in un laboratorio di sviluppo sostenibile, se accompagnata da una strategia chiara, da investimenti reali e da una forte regia istituzionale.
Come affermato dal ministro Urso, l’obiettivo è costruire
un modello produttivo sostenibile e inclusivo, capace di rigenerare socialmente ed economicamente l’intero territorio.
Un esempio per tutti, in cui crescita economica e tutela della salute pubblica non siano più in contrapposizione.